Nei primi decennio del secolo scorso la vitamina D fu definita la vitamina della luce solare poichè fu correlata a miglioramenti dai pazienti affetti da rachitismo e tubercolosi che risentivano positivamente dell’esposizione ai raggi solari negli ospedali elioterapici. La vitamina D può essere considerata un ormone secosteroideo. Il 90% della produzione di vitamina D3 è legata all’esposizione solare, la restante parte proviene da alimenti che ne sono ricchi (fegato, pesci grassi, latte e derivati, uova). La vitamina D3 sintetizzata a livello cutaneo, similmente a quella di origine alimentare, deve essere attivata, prima a livello epatico e poi a livello renale, in 1,25-(OH)2-colecalciferolo.
La quantità di vitamina D nel sangue è influenzata da diversi fattori: sesso, esposizione al sole, latitudine, stagione, pigmentazione cutanea, dieta, accumuli adiposi. Il livello desiderabile, nello sport e nella quotidianità, è di 50 nm/l a livello ematico.
La vitamina D ha un ampio spettro d’azione tramite un recettore nucleare di cui sono stati individuati diversi polimorfismi genetici, due dei quali potrebbero influenzare densità ossea, composizione corporea, risposta all’esercizio fisico e forza muscolare.
La vitamina D sembra:
- avere effetto positivo sulla struttura ossea e sulla riduzione del rischio di frattura
- diminuire la sintomatologia dolorosa ossea e muscolare
- diminuire gli infortuni muscolari
- aumentare la forza muscolare
- modulare i processi infiammatori
- stimolare i sistemi immunitari
- avere azione positiva sulla performance
La supplementazione deve essere personalizzata e sembra che quella giornaliera sia migliore di quella settimanale o mensile.
Tratto da Pharmanutrition and functional foods